Esistono delle alternative sostenibili all’olio di palma?
Secondo un recente rapporto dell’IUCN, sostituire l’olio di palma con altri oli di origine vegetale sarebbe ancora più dannoso per l’ambiente in quanto la redditività per ettaro sarebbe inferiore aumentando così la richiesta di nuovi spazi agricoli che inevitabilmente sarebbero sottratti alle aree naturali.
Chi segue un approccio scientifico alla vita come il sottoscritto non può non ignorare i dati scientifici che arrivano dagli esperti, tuttavia la difficoltà di trovare una soluzione non deve impedire il ragionamento per superare un problema ormai evidente anche ai meno esperti: la crescente domanda di olio di palma sta devastando le foreste tropicali.
Dobbiamo trovare una soluzione.
Per capire l’entità del problema, dobbiamo innanzitutto partire dai dati sugli utilizzi industriali dell’olio di palma per poi passare ad un’analisi delle possibili soluzioni.
L’olio di palma è il più utilizzato al mondo tra quelli vegetali. Sul mercato globale pesa per il 35%, seguito da quello di soia (27%), colza (14%), girasole (8%), arachide, cotone e cocco (6%).
L’Europa è seconda per importazioni e terza per i consumi, preceduta solo da Indonesia e India. In Italia importiamo circa un milione e mezzo di tonnellate all’anno per l’equivalente del 2,4% della produzione mondiale.
Secondo i dati Istat, nel 2015, solo il 21% dell’olio di palma importato è stato utilizzato per uso alimentare, mentre il restante 79% è stato impiegato nelle industrie della bioenergia, zootecniche, oleochimiche, farmaceutiche e cosmetiche.
A livello globale, la produzione di olio di palma è aumentata da 15,2 milioni di tonnellate del 1995 a ben 62,6 milioni di tonnellate del 2015.
Si tratta del volume più elevato di tutti gli oli vegetale; l’olio viene prodotto prevalentemente in Indonesia (53%) e Malesia (32%), ma la produzione si sta allargando ad altri paesi tropicali tra cui diversi paesi africani come la Nigeria e in Sudamerica.
Nonostante il primato nella produzione mondiale di olio vegetale, l’olio di palma corrisponde alla percentuale minore (6,6%) di tutte le aree coltivate per la produzione di oli e grassi a livello mondiale, ma produce la percentuale più elevata (38.7%) del prodotto finale.
Paragonando la produttività per ettaro, la palma produce il doppio dell’olio rispetto ad altre colture come girasole o colza.
Un altro vantaggio è rappresentato dalla versatilità dell’olio di palma che lo rende particolarmente adatto a molte lavorazioni.
Resiste al calore, ha sapore e fragranza neutri, non si ossida e permette di evitare l’uso di conservanti. Per le sue proprietà fisiche (durezza, consistenza e plasticità), è in grado di conferire agli alimenti una consistenza notevole.
Tutte queste proprietà ne favoriscono l’uso in molti cibi lavorati dall’industria alimentare, come biscotti, merendine e creme di cioccolato.
I dati sulla produttività non lascia adito a dubbi, le coltivazioni da palma da olio sono le più produttive e in un mondo dove la popolazione umana cresce, si potrebbe pensare che la migliore soluzione sia continuare con l’espansione delle coltivazioni. In aggiunta alle caratteristiche ottimali dell’olio, si potrebbe pensare che l’olio di palma sia la soluzione migliore.
Siamo sicuri?
Io non proprio.
Il lato oscuro dell’olio di palma
Nonostante sia la coltura più produttiva, le palme da olio hanno un difetto che nessun produttore ammetterà mai, difetto che io ho visto con i miei occhi e dal quale ne è nato il trailer di Men of The Forest:
Il principale difetto delle palme da olio è la loro altissima richiesta di acqua e nutrienti che distrugge il terreno che da ricco di acqua e minerali, in solo 25 anni si trasforma in deserto inutilizzabile.
Le palme infatti stanno distruggendo le foreste primarie di Malesia e Indonesia proprio per questa sua caratteristica, le coltivazioni non possono essere sostenibili perché dopo 25 anni le palme smettono di produrre e i terreni abbandonati incrementando la tanto pericolosa deforestazione.
Nonostante altre produzioni come il girasole o la colza siano meno produttive per ettaro, attraverso la rotazione delle colture i terreni hanno durata illimitata nel tempo, mentre le palme rovinano perennemente il terreno che necessiterebbe di importanti opere di riqualificazione, lavori che le aziende produttrici non hanno nessun interesse a compiere.
Una volta improduttivi, i terreni vengono lasciati al loro destino, mentre le aziende continuano a deforestare essendo meno costoso per il loro business.
Le aziende fanno profitti miliardari, ma poi a pagarne il prezzo sono le popolazioni locali che si ritrovano a vivere in deserti.
Un altro problema è al concentrazione delle coltivazioni in Malesia ed Indonesia, qui le foreste vengono tagliate in maniera eccessiva devastando interi habitat in passato particolarmente ricchi di flora e fauna.
Come limitare i danni
Una strategia di breve termine per arginare i danni sarebbe quella di regolamentare il settore obbligando di fatto le aziende a riforestare un’area equivalente a quella deforestata per le coltivazioni, per poi ripristinare i terreni utilizzati finanziando opere di riforestazione.
Il problema di fondo rimane perché i governi locali sono spesso corrotti, le aziende preferiscono corrompere piuttosto che finanziare progetti ben più costosi.
Ecco allora che i paesi cosiddetti “evoluti”, dovrebbero verificare la provenienza dell’olio importato, ma siamo consapevoli di quanto anche i nostri governi siano coinvolti nello sfruttamento delle risorse dei paesi meno abbienti rendendo di fatto questa possibilità una pura utopia.
Un’altra strategia potrebbe essere quella di incentivare l’aumento di altre colture come ad esempio quella della canapa industriale, coltivazione in passato attaccata a torto perché considerata stupefacente, ma che oggi ha ripreso lo spazio che merita.
Nel nostro piccolo possiamo evitare i prodotti contenenti olio di palma, ma come abbiamo visto questo incide solo per una piccola parte, cosa dovrebbe fare l’umanità per terminare con la deforestazione?
Qual è la vera alternativa all’olio di palma
Sicuramente non c’è una soluzione semplice al problema e tutti gli esperti al mondo ne sono consapevoli.
La sola cosa certa è la necessità di arginare la deforestazione che sta causando la produzione di olio da palma.
La sola e vera alternativa sostenibile nel lungo termine all’olio di palma potrebbe forse arrivare dai laboratori universitari di tutto il mondo.
I ricercatori infatti stanno studiando le alternative all’olio di palma che potrebbero arrivare dalle alghe marine: in determinate condizioni infatti, le alghe riescono a produrre una sostanza dalle caratteristiche simili all’olio di palma che potrebbero essere utilizzate come alternativa sostenibile in tanti campi industriali.
Al momento la sfida più grande è rappresentata dai costi di produzione e dai quantitativi richiesti.
Come sempre accade, a determinare l’applicazione di una determinata tecnologia in ambito industriale è il profitto e non la sostenibilità e la fattibilità.
Leggi l’articolo con i prodotti senza olio di palma
Alternative olio di palma: considerazioni finali
In attesa che la scienza e la ricerca facciano il proprio corso, noi semplici cittadini ed attivisti possiamo solamente diventare persone consapevoli e utilizzare solamente prodotti alimentari a chilometro zero dal minore impatto ambientale.
Quando utilizziamo un prodotto infatti non dobbiamo solamente considerare i metodi di produzione, ma anche l’impatto ambientale che ha il trasporto tra paesi lontani.
La scelta di prodotti a chilometro zero ha sempre vantaggi non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal lato sociale.
In alcuni paesi del mondo infatti le condizioni lavorative sono paragonabili alla schiavitù, scegliere prodotti locali garantisce al contrario una maggiore tracciabilità del prodotto.
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