Sin dagli albori della specie umana, la pesca rappresenta una delle attività fondamentali di sussistenza per l’essere umano. Un rapporto ancestrale tra noi e madre natura che ci dona beni e servizi senza chiedere nulla in cambio.
Ma è negli ultimi decenni che questo antico e stretto legame sì è rotto, lasciando dietro di se, tutta una serie di domande senza risposta.
Saremo capaci di sopravvivere nonostante la rapida crescita della popolazione umana? Saranno gli oceani capaci di sostenere una crescente domanda di prodotti ittici?
Esiste un modo per ridurre il nostro impatto sulle specie marine?
In questo video vedremo come scegliere il pesce giusto da mettere in tavola mettendo la sostenibilità al primo posto.
Guarda il video o leggi l’articolo:
https://www.youtube.com/watch?v=osJp_po3BS4
L’importanza della pesca
Mangiare è una delle attività primarie dell’essere umano, ma a differenza di dormire e respirare, mangiare non è solo sopravvivenza, ma anche relazioni, socialità, emozioni.
Specialmente per noi italiani il cibo rappresenta un legame profondo con la nostra cultura, le nostre origini, la nostra famiglia.
Pensiamo ad esempio a quei cibi che ci ricordano l’infanzia, le giornate con i nonni, con gli amici, mangiare non è solo sinonimo di sopravvivenza.
Sin dai tempi della preistoria il cibo rappresenta un’occasione di socialità per l’essere umano, un modo per condividere il proprio tempo all’interno della comunità. Non è un caso che ogni grande evento della vita è legato in qualche modo al gesto del cibo.
Cibo che purtroppo ha un notevole impatto sull’ambiente sia in termini di consumi idrici, di utilizzo del territorio e nell’emissione di gas serra.
Nel caso specifico del pesce, una delle componenti più importanti dell’alimentazione umana, è utile ricordare che oltre il 90% degli stock ittici è sovra sfruttato.
Che fare quindi?
Come possiamo noi comuni cittadini apportare il nostro contributo alla sostenibilità della pesca?
Come scegliere il pesce giusto?
Keep the Planet è un canale di conservazione che prova a mediare tra le varie visioni della realtà complessa in cui viviamo e quindi per il momento scartiamo la più ovvia delle risposte e cioè smettere di mangiare pesce completamente.
Se è vero come è vero che se domani mattina tutti smettessero di mangiare pesce, non avremo problemi di sovrapesca, tuttavia per onor di cronaca si deve ammettere che non tutti sono disposti a diventare vegani così come si deve ammettere che a livello mondiale oltre 15 milioni di pescatori si sostengono economicamente grazie alla pesca, mentre oltre 3 miliardi di individui fanno affidamento sulle risorse ittiche per il 20% del loro approvvigionamento proteico.
Un compromesso legittimo è quello di mediare tra una situazione come quella attuale chiaramente insostenibile e una visione utopica irrealizzabile nel breve periodo.
Una risposta accettabile ci viene dalla scelta del pesce che decidiamo di mettere in tavola.
Prediligi le specie ittiche povere
Il primo problema della sovrapesca dipende dalla desiderabilità dei vari prodotti ittici.
Tutti noi vogliamo mangiare sushi di tonno rosso, salmone selvaggio e gamberi di qualità nell’ultimo locale alla moda, nessuno mai acquista una mormora, un’occhiata o ancor peggio un cefalo direttamente dal pescatore locale.
Questo comportamento crea una lista di pesci cosiddetti poveri che nessuno vuole acquistare e consumare. Generalmente questi pesci poveri rimangono invenduti sui mercati e spesso vanno ad accrescere il già alto spreco alimentare.
Se a questo aggiungiamo che alcuni miliardi di esseri umani non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena , è chiaro che tutto ciò non ha senso.
Ecco quindi che il primo metodo per scegliere quale pesce consumare tenendo in considerazione la sostenibilità è quello di prediligere i pesci poveri che nessuno vuole consumare.
Nel solo Mar Mediterraneo, compresi molluschi e crostacei abbiamo accesso ad oltre 300 specie commestibili. Di queste, solamente una piccolissima parte raggiunge la tavola degli europei. Sono infatti pochissime le specie consumate, basta fare un semplice giro al banco del pesce per capire quante risorse sprechiamo senza un reale motivo.
Pesce serra, mormora, occhiata, pagello, lampuga, queste sono solo la punta dell’iceberg della lunga lista di specie che vengono catturate dai pescatori, ma che poi non vengono acquistate dai consumatori e finiscono quindi tra gli sprechi alimentari.
Che fare quindi?
Il primo passo verso il cambiamento è quello di studiare per conoscere, per sapere quali sono le specie ittiche che ci troviamo di fronte e non seguire le mode.
Il pesce povero pescato localmente è fresco, ha migliori qualità nutritive, offre lavoro e guadagno alla piccola pesca artigianale che non ha lo stesso impatto sull’ambiente della grandi flotte di pesca internazionali.
Scegliere pesci meno conosciuti ma altrettanto saporiti allevia la pressione di pesca sulle specie più ricercate e garantisce il mantenimento della biodiversità di tutte le specie ittiche dei nostri mari. Questo aiuta inoltre a limitare gli sprechi alimentari.
Per sapere quali sono le specie locali ti basterà leggere le etichette e chiedere al tuo pescivendolo di fiducia.
Cerca il pesce di stagione
Seconda strategia per scegliere il pesce in maniera sostenibile è quello di prestare attenzione alla stagionalità della specie.
Quando parliamo di stagionalità del pesce ci si riferisce alle specie ittiche che in un determinato periodo dell’anno sono abbondanti localmente e che non si trovano nella loro fase fase riproduttiva.
Nonostante siamo abituati a trovare in vendita le principali specie durante tutto l’anno, proprio come la frutta e la verdura il pesce ha la sua stagionalità.
Data la dinamica del mercato moderno e la poca conoscenza del consumatore medio, spesso in Italia il pesce di stagione coincide anche con una specie povera che non è conosciuta e quindi non viene consumata.
Specialmente in questo periodo dove l’inflazione batte alle porte di tutti noi, riconsiderare le specie ittiche che mettiamo a tavola prediligendo quelle poco conosciute e soprattutto di stagione avrà numerosi impatti positivi sia a livello ambientale, sia a livello qualitativo dei prodotti che si mangia e sia a livello delle nostre tasche.
Uno dei periodi migliori per acquistare pesce è settembre ottobre perché è il periodo successivo al fermo biologico estivo che avviene nei mari italiani. Proprio in questo periodo il prezzo dei prodotti diminuisce e gli stock ittici sono più abbondanti.
Se da una parte dobbiamo prestare attenzione alle specie che compriamo, dall’altra dobbiamo anche capire quali sono le specie da evitare se abbiamo a cuore la sostenibilità ambientale.
Non mangiare carne di squalo
La prima categoria di specie da evitare sono i pesci cartilaginei come squali e razze. A differenza dei pesci ossei, i pesci cartilaginei hanno un basso tasso di riproduzione e accrescimento rendendoli particolarmente sensibili alla sovrapesca e quindi all’estinzione.
In Italia mangiamo squali senza saperlo, nomi come ventresca, spinarolo, palombo, gattuccio sono i nomi commerciali di specie di squalo che stanno rischiando l’estinzione per colpa nostra.
L’aumento del consumo di carne di squalo deriva dai gusti sempre più pigri dei consumatori che preferiscono mangiare la bistecca di pesce piuttosto che dover lottare con pesci pieni di spine.
Questa nostra pigrizia sta letteralmente svuotando i mari di specie chiave per gli ecosistemi come gli squali, ma anche tonni e pesce spada.
La seconda categoria di specie da evitare, o per lo meno da ridurne il consumo sono quelle più utilizzate dalla moda del sushi.
L’allevamento di salmoni è ancora purtroppo insostenibile, una grande quantità di pesce selvatico viene infatti catturato per alimentare le vasche di produzione.
Discorso analogo per gli allevamenti di tonno che vengono catturati allo stato selvatico per poi venire ingrassati in apposite gabbie in alto mare.
Attenti all’etichetta
Terzo gruppo di specie da evitare è quello composto dai pesci provenienti dall’estero.
I pesci provenienti da mari lontani provengono dalla pesca industriale che utilizza mezzi altamente impattanti sulla salute degli ecosistemi marini.
Enormi reti che non fanno nessuna distinzione e che spesso catturano anche specie in via d’estinzione come squali, tartarughe marine e cetacei.
Il pesce estero inoltre proviene dalle acque dei paesi in via di sviluppo che non hanno regole di pesca aggiornate come quelle europee.
Se domani in Italia smettessimo tutti come per magia di acquistare pesce estero, possiamo star certi che gli importatori dovranno inevitabilmente riconsiderare le loro politiche di vendita e acquisto.
Noi consumatori abbiamo un grande potere, ma questo potere funziona solamente quando viene utilizzato da tante persone in maniera simultanea.
Bollino verde invece ai molluschi provenienti da allevamenti italiani come ad esempio le cozze. Questi allevamenti hanno un impatto ambientale bassissimo e inoltre aiutano la biodiversità.
Gli impianti di cozze infatti limitano le azioni delle barche da pesca offrendo rifugio a tante specie ittiche.
La crescita del guscio delle cozze inoltre contribuiscono alla lotta contro i cambiamenti climatici sequestrando grandi quantità di anidride carbonica.
La pesca è una risorsa e se ben gestita può tutelare l’ambiente riducendo la domanda di prodotti terrestri che causano deforestazione ed emissioni di gas serra maggiori.
La storia insegna che vietando un’attività non si elimina il problema, ma si crea il bracconaggio perché la domanda di prodotti ittici rimarrebbe comunque.
Ecco quindi l’importanza di saper scegliere al meglio le specie da acquistare e consumare.