Un articolo di Alessandro Nicoletti sulle energie non rinnovabili, le fonti energetiche che stanno contribuendo al cambiamento climatico in atto provocato dall’uomo.
Se in un precedente articolo abbiamo parlato di energie rinnovabili, qui voglio parlare di quelle non rinnovabili.
Le energie o fonti non rinnovabili sono tutte quelle fonti energetiche derivanti da una risorsa che non si rinnovano in tempi non geologici.
All’interno della categoria rientrano le energie fossili come il carbone e il petrolio e l’uranio.
Nella loro totalità, le fonti non rinnovabili coprono la quasi totalità (circa il 96%) dei consumi mondiali d’energia.
Si tratta perciò di risorse strategiche indispensabili per lo sviluppo economico dell’umanità, risorse che però hanno un impatto ambientale non sostenibile per il pianeta.
Tuttavia, l’utilizzo di tali fonti energetiche mette in pericolo la nostra stessa sopravvivenza perché producono fonti di inquinamento ambientale quali la produzione di gas serra o scorie radioattive che sono incompatibili con la vita umana.
Se all’inquinamento aggiungiamo che le energie rinnovabili tendono ad esaurirsi piuttosto velocemente, ci risulta chiara la necessità di trovare una via alternativa per uno sviluppo sostenibile nel tempo.
Quali sono le principali energie non rinnovabili
Le fonti non rinnovabili sono quelle più sfruttate dall’umanità perché in grado di produrre le maggiori quantità di energia con impianti tecnologicamente semplici e collaudati.
Le principali che attualmente governano il fabbisogno energetico dell’umanità sono:
- Petrolio: è costituito da una miscela di idrocarburi (molecole costituite da carbonio e idrogeno) che derivano dalla decomposizione in ambiente marino, al di sotto delle coperture sedimentarie, di organismi animali e vegetali. Poiché i tempi naturali di formazione del petrolio sono di decine di milioni di anni, e lo sfruttamento è invece rapidissimo, questa fonte, al pari degli altri combustibili fossili, è da considerarsi praticamente non rinnovabile.
- Gas naturale: è prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico. Il principale componente del gas naturale è il metano, la più piccola fra le molecole degli idrocarburi. Normalmente contiene anche idrocarburi gassosi più pesanti come etano, propano e butano, nonché, in piccole quantità, pentano.Sono sempre presenti modeste percentuali di gas diversi dagli idrocarburi, ad esempio anidride carbonica, azoto, ossigeno, gas nobili e solfuro di idrogeno. Tra le energie non rinnovabili, è la meno dannosa per l’ambiente.
- Carbone: è una roccia sedimentaria costituita da materiale organico composto da carbonio, idrogeno, ossigeno, piccole quantità di azoto e zolfo e materiale inorganico. Si è originato dalla decomposizione, in ambiente anaerobico, di grandi masse vegetali. Il processo di carbonizzazione consiste in un progressivo arricchimento in carbonio della materia organica, è il combustibile fossile più impattante per l’ambiente.
- Uranio: L’uranio (dal greco οὐρανός, “cielo”) è l’elemento chimico di numero atomico 92. Il suo simbolo è U. È un metallo bianco-argenteo, tossico e radioattivo; appartiene alla serie degli attinidi ed il suo isotopo 235U trova impiego come combustibile nei reattori nucleari. Per ottenere un materiale fissile che sia adatto a scopi nucleari, cioè che emetta una quantità sufficiente di neutroni, è necessario aumentare la concentrazione dell’isotopo 235U rispetto al più comune e meno radioattivo 238U.
Vantaggi e svantaggi delle energie non rinnovabili
I vantaggi delle energie non rinnovabili si limitano esclusivamente al mondo dell’economia e delle applicazioni industriali.
Sono fonti energetiche che si prestano a moltissimi utilizzi, sono relativamente facili da estrarre data la tecnologia odierna e sono economicamente allettanti per le grandi imprese.
Purtroppo, i vantaggi delle energie non rinnovabili terminano qui perché è ormai risaputo che lo sfruttamento dei combustibili fossili non è una pratica sostenibile nel lungo periodo in quanto l’estrazione e il consumo stanno compromettendo la salute del pianeta.
Se le fonti non rinnovabili sono state un motore economico e tecnologico incredibile per lo sviluppo e la crescita dell’umanità dalla rivoluzione industriale ad oggi, queste stesse energie saranno le principali responsabili dell’arresto di tale crescita in quanto stanno emergendo tutte le conseguenze negative del loro utilizzo.
L’estrazione dell’energia non rinnovabile e dei suoi sottoprodotti provoca infatti danni irreparabili all’ambiente.
La combustione dei gas e degli altri combustibili fossili continua ad aumentare per far fronte ad una sempre crescente domanda conseguenza della crescita della popolazione, producendo quindi elevati livelli di anidride carbonica (CO2) che i climatologi ritengono sia la causa principale del riscaldamento globale.
Quando i combustibili fossili vengono bruciati, gli ossidi di azoto provocano inquinamento fotochimico, l’anidride solforosa crea piogge acide e si emette nell’atmosfera un enorme quantitativo di gas che causano l’effetto serra.
A questi effetti si aggiungono incidenti più o meno frequenti come gli sversamenti in mare che provocano veri e propri disastri ambientali.
Principali disastri ecologici e cambiamento climatico
Il fatto che i combustibili fossili stiano provocando un disastro ambientale dalle proporzioni bibliche non è più una semplice teoria astratta, ma un’evidenza scientifica accettata da tutta la comunità scientifica.
Nonostante alcuni sparsi scienziati negazionisti palesemente legati alle lobby petrolifere neghino la realtà, è universalmente accettata la correlazione tra cambiamenti climatici e immissioni di gas serra nell’atmosfera.
Non è qualche blogger che lo dice dalla sua cameretta, ma il Rapporto dell’IPCC a dirlo a chiare lettere.
Le conclusioni dell’IPCC contenute nel documento sono molto chiare e categoriche: entro il 2050 più di metà dell’energia del pianeta dovrà essere prodotta da fonti a basse emissioni di inquinanti atmosferici, mentre i combustibili fossili dovranno completamente essere eliminati come fonte di energia entro il 2100.
Questa riduzione, dice il rapporto, è assolutamente necessaria per limitare a 2°C l’incremento di temperatura sulla Terra nel corso dei prossimi cento anni.
2°C potrebbero sembrare poco al cittadino comune, ma in realtà sarebbero devastanti per il clima mondiale che muterebbe in maniera così drastica che l’economia mondiale potrebbe non saper affrontare.
Devi sapere infatti che ai poli terrestri una piccola variazione climatica comporta grandi conseguenze come il massiccio scioglimento dei ghiacci che modificherebbe inevitabilmente la geografia del nostro pianeta.
La maggior parte degli incrementi della temperatura media della superficie terrestre si osservano a partire dal 1950. E’ proprio in questo periodo infatti che i ricercatori del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e della NASA (National Aeronautics and Space Administration) hanno rilevato l’aumento vertiginoso della concentrazione di gas serra in atmosfera conseguenza delle attività umane.
In parallelo con l’aumento della concentrazione dei gas, si è rilevato l’aumento delle temperature medie che a loro volta innescano ulteriori cambiamenti che vanno a loro volta a peggiorare la situazione.
La concentrazione di CO2 e metano ha registrato un incremento rispettivamente del 38% e del 152% dal 1750. Queste concentrazioni sono tra le più alte degli ultimi 650.000 anni (dato ricavato in base ai carotaggi nel ghiaccio).
La proporzione dei gas serra in atmosfera è aumentata di oltre un terzo, da quando ha preso avvio ai primi dell’800 la rivoluzione industriale. Da allora, si è cominciato a bruciare petrolio, carbone, pet coke, oli combustibili. E, da allora, la massa di tutti i ghiacciai si è dimezzata.
La correlazione è ormai certa e fuori da ogni ragionevole dubbio, la sfida dell’umanità è rappresentata dalla capacità di superare il potere delle lobby economiche ed innescare quel cambiamento diventato ormai necessario.
A questo si vanno ad aggiungere la lunga lista di disastri ambientali legati ai combustibili fossili come gli sversamenti.
I primi incidenti che si ricordano è quello del 1910 conosciuto con il nome di Lakeview Gusher dove un’incontrollata fuoriuscita di idrocarburi da una torre di perforazione in pressione nella Contea di Kern in California causò la dispersione di circa 9 milioni di barili di greggio in ambiente.
Questo fu purtroppo solo il primo di una lista di incidenti che periodicamente accadono nei quattro angoli del pianeta.
Tra i tanti, ricordiamo il disastro del 2010 causato dalla British Petroleum dove la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon rilasciò nel Golfo del Messico milioni di barili di petrolio che causò uno degli sversamenti più grandi della storia.
Fonti non rinnovabili: situazione internazionale
Nonostante il consumo energetico mondiale non conosce freni, negli ultimi anni alcuni passi avanti verso un modello sostenibile sono stati compiuti.
Ovviamente la situazione è tutt’altro che favorevole, tuttavia alcuni stati hanno già intrapreso alcuni provvedimenti che limitano l’uso dei combustibili. Piccoli passi nella giusta direzione che purtroppo si scontrano con una realtà dominata ancora dalle energie fossili.
A livello mondiale, il 32% dell’approvvigionamento deriva dal petrolio, il 30% dal carbone , 23% dal gas naturale, 5% dall’uranio e solamente il 10% per le rinnovabili, quota che aumenta al 15% se consideriamo la produzione di energia elettrica.
Grazie alla crisi economica, la crescita della domanda di energia si è lievemente arrestata, tuttavia i paesi emergenti che vogliono seguire il modello di sviluppo occidentale sta seriamente minacciando i delicati equilibri mondiali.
Mondo occidentale che ha ovviamente il dovere morale di fare da apripista verso un modello di sviluppo sostenibile in quanto siamo noi i primi responsabili per storia ed economia nel riscaldamento globale.
Fonti non rinnovabili: situazione in Europa
Nonostante i problemi e le contraddizioni, l’Unione Europea è l’istituzione che più di tutti sta portando avanti il discorso sulla sostenibilità energetica.
Rispetto a 10 anni fa, i paesi europei consumano circa il 10% in meno di energia frutto di una politica sulla riduzione dei consumi e dell’efficienza energetica.
Nel decennio 2005-2015, la percentuale di rinnovabili rispetto al consumo energetico dell’UE è quasi raddoppiata, passando dal 9 % a quasi il 17 %.
Alcuni settori e paesi sono all’avanguardia nell’uso dell’energia pulita. Tuttavia, nonostante il declino della loro quota del mercato, i combustibili fossili sono sempre la fonte energetica prevalente in Europa.
Tra i paesi più virtuosi, sicuramente la Svezia è di gran lunga il paese che vanta la percentuale più alta: nel 2015 il 53,9 % del suo consumo finale lordo di energia proveniva esclusivamente da fonti rinnovabili; mentre la Finlandia occupa la seconda posizione seguita da Lettonia, Austria e Danimarca.
Fonti non rinnovabili: situazione in Italia
Nonostante la politica italiana non proprio favorevole, specialmente negli ultimi dove gli incentivi alle energie rinnovabili sono stati ridotti se non eliminati, l’Italia è il terzo Paese in Europa per consumi energetici alimentati da fonti rinnovabili e rappresenta circa l’11% di tutta l’energia da fonte rinnovabile consumata nell’Unione europea.
Rispetto a una media dell’Europa a 28 del 17,04%, il nostro Paese ha una quota complessiva di consumi energetici da rinnovabili pari al 17,41%.
Si devono ancora fare passi in avanti per la sostenibilità in Italia, d’altronde la lobby petrolifera nel nostro paese è più forte che mai e non mollerà facilmente il quadro di comando.
Storicamente l’Italia ha fatto grande affidamento all’energia idroelettrica, settore che ha comunque bisogno di forti investimenti per il rilancio.
Energie non rinnovabili: considerazioni finali
Sono ormai decenni che l’umanità uccide se stessa e l’ambiente per inseguire un modello sbagliato di sviluppo dove il potere dei pochi vince sulla ragione e sul benessere dei tanti.
Guerre, lotte di potere e disastri ambientali sono normali quando si segue un percorso centralizzato per la fornitura di energia, processo che può passare da una struttura piramidale composta da multinazionali, ad un rete diffusa di piccoli produttori utilizzando le ultime tecnologie come i pannelli solari e gli impianti eolici.
Questo è un passo inevitabile per l’umanità che purtroppo tarda ad arrivare solamente per una ragione, ragione folle come quella degli interessi delle elite al potere.
Le grandi aziende difficilmente lasceranno i loro posti di comando, il mercato miliardario della produzione energetica è troppo ricco per lasciarselo scappare.
E allora, ancora una volta, sta a noi cambiare mentalità, noi comuni cittadini possiamo cambiare fornitore energetico, possiamo investire in un impianto solare, possiamo ridurre i consumi e molto altro ancora.
Ogni grande cambiamento inizia comunque con la presa di coscienza che tutto questo non può continuare.
Dobbiamo prenderci la nostra responsabilità di salvare il pianeta per le future generazioni.
Alessandro.
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