Ogni azione che compiamo ha un impatto sulle risorse del pianeta che per definizione sono finite: uso del territorio, acqua, nutrienti, energia. Il crescente aumento della popolazione umana associato ad uno spreco alimentare che tocca oltre il 30% della produzione alimentare, rende necessario un ripensamento generale delle nostre azioni.
È dal periodo scolastico che abbiamo imparato a distinguere i vegetali come elementi autotrofi, cioè autosufficienti, che si pongono alla base dell’alimentazione umana e animale.
Grazie alla sempre più moderna tecnica agricola, l’uomo ha imparato a riprodurre un elevato numero di vegetali ai fini alimentari: piante, arbusti e verdure.
Con l’esponenziale crescita delle colture moderne e il consumo di prodotti anche fuori stagione, si è persa di vista la salute dell’ambiente che viene minata ogni giorno da azioni apparentemente innocue.
Ci sono scelte, dal punto di vista alimentare, che possono salvaguardare la sostenibilità dell’ambiente: è noto, infatti, che un quarto delle emissioni di gas serra su scala mondiale è dovuta per l’appunto alla produzione di cibo.
Cos’è l’alimentazione sostenibile
Sebbene il concetto di alimentazione sostenibile possa apparire a noi tutti un termine moderno, si tratta invece di una realtà che vanta un’età di oltre trecento anni e che nel tempo ha subito una serie di modifiche.
L’alimentazione sostenibile è stata nettamente scongiurata dal consumo di alimenti disponibili nei banconi dei supermercati tutto l’anno, facendo perdere di vista quella che è la naturale stagionalità dei prodotti stessi.
Soltanto dopo l’industrializzazione nel campo agroalimentare, è stato stravolto il concetto di alimentazione sostenibile, di una dieta cioè a base di cibo sano che rispetti la naturale crescita del prodotto ma soprattutto che abbia un basso impatto ambientale.
Secondo la FAO, infatti, le diete sostenibili sono quelle a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, che fanno bene al consumatore e che al contempo non creano alcun danno al territorio.
Scegliere di comprare frutta e verdura estiva fuori stagione, equivale ad alimentare il gas serra, a nutrire cioè quel processo derivato dalle serre riscaldate, dai concimi, dai pesticidi e molto altro.
Il decalogo per scegliere il cibo sostenibile prevede la scelta di prodotti locali, i così detti km 0 (che svettano in classifica, godendo dell’unanime entusiasmo dei consumatori più attenti); scegliere prodotti sfusi e non imballati e confezionati, prediligere frutta e verdura di stagione, riutilizzare la busta della spesa.
I vegetali da evitare per essere sostenibile
Arrivati a questo punto può sembrare abbastanza spontaneo limitarsi a scegliere frutta e verdura di stagione per favorire l’ambiente.
In realtà essere sostenibile implica molte più accortezze di quanto si possa immaginare. È necessario, infatti, non solo preferire ortaggi e frutta in base alla stagionalità, ma anche in base alla provenienza. Scegliere vegetali provenienti da luoghi lontani equivale comunque a favorire l’inquinamento ambientale.
Questa scelta, per quanto ecologica sembri, ha un impatto non trascurabile sull’ambiente per via del trasporto. Ecco perché si consiglia, prima dell’acquisto, di leggere le etichette e valutarne la specifica provenienza.
Esistono poi in commercio alimenti che portano con sé storie di sfruttamento e di monocolture estensive che sono devastanti.
Si tratta in particolare di avocado, banana, ananas e quinoa, alimenti che devono essere assolutamente evitati.
Queste colture esotiche, infatti, si espandono a discapito delle foreste, impattando negativamente su tutta la questione ambientale. Non è da sottovalutare mai la provenienza via aerea degli alimenti.
Il trasporto aereo impatta infatti significativamente sull’ambiente. In genere si tratta del consumo di frutta esotica che va assolutamente evitato, ma a questo si può ovviare leggendo le etichette.
Un altro consiglio sostenibile è quello di ridurre il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari che hanno una maggiore impronta di carbonio. Per evitare un impatto ambientale notevole dovremmo non mangiare affatto carne o quanto meno evitare significativamente quella bovina.
Una parentesi merita la larga diffusione dei surrogati della carne come i burger vegetali, che hanno la pretesa di inserirsi come sostituti della carne per colore, forma e consistenza.
Sebbene la finta carne voglia inserirsi nella lista degli alimenti sostenibili è bene sapere che vi sono all’interno oli raffinali parzialmente idrogenati, amido modificato, aromi chimici, glutammato, gomme e glicerina che aiutano la consistenza a essere il più vicina possibile a quella della carne.
Anche il passaggio di creazione della “finta carne” prevede lunghi e complessi processi industriali che impattano negativamente sull’ambiente.
E sulla falsa riga si impone lo stesso passaggio di creazione della bresaola vegana, del burger vegetale e delle polpette di soia.
Proprio in Sud America, la coltivazione della soia, sta portando alla completa deforestazione e alla distruzione di praterie del Cerrado, in Brasile.
Anche i prodotti lattiero-caseari, secondo recenti studi, sono responsabili dell’inquinamento dell’ambiente. I derivati del latte, infatti, contribuiscono per il 20% sulla sostenibilità.
Un minuto di tempo merita il famigerato e tanto apprezzato latte di mandorla. Per ottenerlo occorrono 6000 litri d’acqua per produrre circa un litro di latte di mandorla e l’80% delle mandorle utilizzate al suo interno, provengono dalla California.
Questo paese è da circa un decennio che affronta un periodo di lunga siccità che compromette notevolmente l’impatto ambientale e agricolo.
Gli agricoltori, infatti, stanno demolendo le piccole coltivazioni di agrumi per lasciare spazio alle mandorle. Secondo gli esperti la bevanda a base di latte più sostenibile è il latte d’avena.
I vantaggi sull’ambiente in base alla scelta alimentare
Come già anticipato, per evitare di impattare negativamente sull’ambiente, è necessario non solo scegliere prodotti di stagione ma anche compiere alcune attenzioni quotidiane che ne possano sollevarne le sorti drammatiche.
Ci sono infatti alcune azioni eco-friendly che possono rendere sostenibile anche la scelta dei prodotti di più comune consumo.
Innanzitutto si pensa troppo spesso che scegliere un prodotto locale sia necessariamente una scelta sostenibile. In realtà non sempre questo è favorevole per l’ambiente.
Se si pensa ad esempio alla pesca eccessiva della spigola, si può facilmente capire come un prodotto locale, senza l’attenzione di una parte terza, possa divenire ben presto poco sostenibile.
Bisogna comprendere, infatti, le scorte ittiche, la gestione e il rispetto dell’ambiente. È quindi necessario fidarsi del pesce certificato per essere sicuri di compiere una scelta sostenibile.
La scelta quotidiana dei nostri acquisti e di conseguenza la nostra alimentazione, deve dunque essere rispettosa della biodiversità e degli ecosistemi e, soprattutto, economicamente eque e convenienti.
Anche scegliere prodotti che provengono da allevamenti a terra e pascoli può aiutare notevolmente la sostenibilità.
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