Cosa c’entra il famoso narcotrafficante Pablo Escobar su un canale di ambiente e conservazione?
C’entra c’entra.
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Chi non conosce Pablo Escobar, il noto narcotrafficante colombiano che negli anni 80 ha messo a ferro e fuoco un intero continente per la sua fame di denaro e potere.
Da semplice ladro e spacciatore di quartiere, In pochi anni, diventò il Re della cocaina.
Quando il suo impero raggiunse la massima espansione, la rivista Forbes stimava che egli fosse il settimo uomo più ricco, controllando l’80% della cocaina del mondo e il 20% delle armi illecitamente circolanti
Un personaggio a dir poco pericoloso.
Ma perché parlare di Escobar qui su un canale di conservazione ambientale come questo di Keep the Planet?
Pochi sanno che durante i suoi anni di lussi ed eccessi, Escobar importò in Colombia ben 4 esemplari di ippopotami che andarono ad aggiungersi alla sua collezione privata di animali esotici.
L’Hacienda Napoles, da rifugio di un narcos, negli anni si trasformò anche in un parco ricco di fauna africana diventata addirittura un’attrazione turistica,
Oggi, ben dopo 25 anni dalla morte di Escobar, le sue azioni in vita hanno ancora effetto sulla vita della Colombia.
Questi 4 ippopotami infatti, nel corso degli anni si sono riprodotti fino a raggiungere un numero che oscilla tra i 50 e gli 80 esemplari.
Potrebbe sembrare una bella notizia, ma purtroppo, così non è.
Gli ippopotami infatti sono grandi erbivori che hanno un grosso impatto nell’ambiente in cui vivono.
Se in Africa, nel loro territorio naturale, la presenza di ippopotami è molto importante in quanto contribuisce alla sopravvivenza di numerose altre specie, in Colombia la loro presenza danneggia il territorio.
Gli ippopotami di Pablo Escobar
Il biologo Jonathan Shurin e il suo team hanno recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Ecology dove si analizza l’impatto ambientale degli ippopotami di Escobar sull’ambiente della Colombia.
Lo studio ha scoperto che la presenza di questi animali rapprsenta una minaccia per la qualità delle risorse idriche del bacino del fiume Magdalena dove gli ippotami vivono e prosperano.
L’assenza di predatori naturali in Colombia infatti facilita la continua crescita della popolazione selvatica e questo danneggia l’ambiente.
Gli ippopotami infatti trascorrono la maggior parte della sua vita in acqua, e di conseguenza tratta fiumi e laghi come fossero gabinetti.
Questo comporta un impatto sugli equilibri naturali delle altre specie della regione colombiana: ogni anno un singolo ippopotamo può scaricare in acqua più di 750 chilogrammi di feci, che comprendono immense quantità di carbonio e altre sostanze inquinanti che soffocano le specie del posto che non sono preparate a questo apporto di sostanze.
L’impatto degli ippopotami comporta anche una modificazione del terreno, spesso finiscono per creare canali o compattare alcune parti di foresta rendendole non più fangose danneggiando quindi le altre specie che si ritrovano senza più risorse idriche da sfruttare.
E i danni non finiscono qui, gli ippopotami infatti sono animali territoriali e aggressivi, in Africa uccidono oltre 50 persone l’anno, e in Colombia stanno iniziando a diventare una minaccia anche sotto questo aspetto.
Gli ippopotami di Pablo Escobar rappresentano il classico esempio dei danni che comporta l’inclusioni di specie aliene in un habitat diverso da quello originale.
In Africa infatti sono utilissimi per l’habitat perché concimano le praterie e il fondo dei fiumi che diventeranno l’habitat ideale per altre specie africane, la differenza è rappresentata dal fatto che questi equilibri si sono formati nel corso dell’evoluzione in maniera naturale, mentre in Colombia l’arrivo degli ippopotami è stato forzato dall’uomo.
Le specie aliene invasive sono uno dei tanti nemici della biodiversità. Anche noi in Italia abbiamo problemi simili come ad esempio quello delle nutrie e le strategie di contenimento sono un tema di dibattito della comunità scientifica.
E ora, che fare con gli ippopotami di Pablo Escobar?
Il problema non è di facile soluzione, considerando inoltre che questi ippopotami sono anche diventati a loro volta un’attrazione turistica.
Per contenere i danni si sono provate varie vie e nessuna è applicabile nell’immediato.
La prima, la più facile per i governi, è uccidere gli animali.
Veloce, pratico, e soprattutto economico.
Ma c’è un problema, l’opinione pubblica.
Gli ippopotami di Escobar sono ormai amati dai colombiani e questa di ucciderli rappresenta una scelta molto impopolare.
Seconda via, sterilizzare gli animali così da impedire la crescita della popolazione e limitare i danni agli ecosistemi.
Il problema? Economico.
Sterilizzare un ippopotamo può costare fino a 30 mila euro e le autorità colombiane hanno deciso di investire i fondi in conservazione di specie autoctone.
Terza via potrebbe essere quella di trasferirli in Africa per rinfoltire le popolazioni locali, ma gli esperti africani sconsigliano questa soluzione perché potrebbero portare malattie e parassiti.
Che fare quindi?
Una soluzione definitiva al momento non esiste, e le autorità stanno attivamente cercando zoo e centri faunistici in grado di accogliere gli animali, ma al momento gli ippopotami vivono indisturbati nella loro Hacienda Napoles e dintorni.
Questo è un classico esempio di come la biodiversità di un territorio possa venire influenzata dalle interazioni tra le specie selvatiche.