Il bitcoin e il suo impatto ambientale

E’ il bitcoin nemico dell’ambiente?

Se il 99,99% dei video qui su youtube parlano di come diventare milionari grazie al bitcoin, essendo questo un canale di divulgazione ambientale analizzeremo l’aspetto meno eclatante di questo mondo e cioè il suo l’impatto sull’ambiente.

Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore di Keep the Planet.

Puoi leggere l’articolo o guardare il video:

Il Bitcoin è una criptovaluta e un sistema di pagamento mondiale creato nel 2009 da un anonimo inventore noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, che sviluppò un’idea da lui stesso presentata su Internet a fine 2008.

Nelle intenzioni del suo creatore, il bitcoin è la moneta elettronica decentralizzata che cambierà per sempre il nostro modo di intendere il denaro.

A differenza delle banche tradizionali, che tengono registri di saldi e transazioni in una posizione centralizzata, in Bitcoin tutte le transazioni sono archiviate digitalmente come “blocchi” in una catena che è mantenuta da una rete paritaria.

Utilizzando sofisticati computer , i minatori di Bitcoin in questa rete competono per risolvere un puzzle matematico attraverso complicati algoritmi.

Il vincitore, che si guadagna il diritto di aggiungere il successivo blocco di dati alla catena, viene premiato con una nuova valuta Bitcoin.

Impatto ambientale del Bitcoin

impatto ambientale bitcoinNon posso per mancanza di competenze, entrare nel dettaglio del funzionamento della cosiddetta blockchain, quello che ci interessa sapere è che per funzionare il bitcoin e le altre criptovalute ha bisogno di una complessa rete di computer molto potenti che ovviamente consumano una grandissima quantità di energia elettrica.

Se agli inizi il bitcoin veniva minato cioè creato da semplici computer, oggi questo non è più possibile perché i minatori competono tra loro per ottenere quanti più bitcoin possibili aumentando quindi la potenza e la richiesta di elettricità.

Le attuali fabbriche di bitcoin sono delle gigantesche industrie formate da infinite distese di computer collegati tra loro che 24 ore su 24 , 365 giorni all’anno, effettuano complicati algoritmi per sostenere la crezione dei nuovi bitcoin.

Tutto questo ovviamente ha un impatto sull’ambiente.

Primo aspetto da considerare il consumo annuo di energia elettrica.

Un nuovo studio condotto dai ricercatori del MIT e dell’Università Tecnica di Monaco suggerisce che l’estrazione di Bitcoin nel solo 2018 ha consumato circa 45,8 terawattora di elettricità.

Ciò, a sua volta, ha prodotto emissioni annuali stimate tra 22 e 23 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Gli autori dello studio inoltre aggiungono che queste emissioni sono circa la metà di quelle reali se consideriamo anche tutte le altre criptovalute esistenti.

Questo fa sì che le emissioni di gas serra per la produzione di bitcoin equivalgono al rilascio annuo di una nazione come la Giordania o Sri Lanka.

Fin qui, non sembrerebbero cifre preoccupanti tuttavia, dobbiamo considerare che il consumo energetico del bitcoin tenderà a crescere anno dopo anno con lo sviluppo e la maggiore adozione delle criptovalute a livello mondiale.

Uno studio pubblicato sulla nota rivista scientifica Nature ha stimato che Bitcoin da solo nei prossimi 30 anni potrebbe produrre tanta anidride carbonica sufficiente per far aumentare la temperatura atmosferica di 2 gradi celsius.

Ora, la domanda sorge spontanea, questa elettricità come e dove viene prodotta?

Oltre il 68% dei computer che minano bitcoin sono all’interno di grandi complessi industriali situati in Asia, mentre Usa e Europa ne ospita rispettivamente il 15% e il 17%.

La Cina è la nazione capolista nella produzione di bitcoin, specialmente nella provincia meridionale del Sichuan.

Qui grazie ad una sovraproduzione locale di energia elettrica, le aziende si sono moltiplicate a dismisura.

Fortunatamente non tutta l’elettricità utilizzata proviene da fonti fossili come petrolio e carbone, ma una sempre maggiore porzione deriva dalle risorse rinnovabili come sole, vento e acqua.

Il secondo impatto, forse anche maggiore rispetto al consumo di energia elettrica è la grandissima quantità di rifiuti elettronici prodotti.

Non dobbiamo dimenticare che con l’aumento del prezzo della criptovaluta e la maggiore competizione, i minatori di bitcoin dovranno utilizzare dei computer sempre nuovi e più potenti, lasciandosi alle loro spalle tonnellate di rifiuti.

La produzione e lo smaltimento di prodotti elettronici come telefoni, televisori e soprattutto computer comporta un grave impatto ambientale nella corsa dello sfruttamento delle terre rare che comporta non solo danni ambientali, ma anche umani.

Le immagini delle miniere di coltan in Africa centrale hanno fatto il giro del mondo, qui non solo adulti, ma anche bambini, vengono utilizzati per raccogliere il prezioso minerale in condizioni umanitarie pessime.

Miniere che ovviamente crescono a discapito degli habitat naturali.

Lo stesso discorso si applica per le enormi discariche di prodotti elettronici sparse nei quattro angoli del pianeta.

Dobbiamo considerare il bitcoin un disastro ambientale crescente all’orizzonte o un’alternativa meno impattante rispetto ai suoi avversari quali il sistema bancario e le riserve auree?

Nonostante molti considerino il bitcoin il nuovo oro digitale, probabilmente questo non sostiuirà mai le vecchie miniere d’oro che come sappiamo hanno un impatto sull’ambiente tragico.

Purtroppo in un sistema capitalistico alla costante ricerca di profitti, l’innovazione tecnologica non potrà forse mai fermare l’ingordigia dell’essere umano che ha smarrito il suo ancestrale rapporto con la natura e gli altri esseri viventi.

Se il bitcoin verrà prodotto da una sempre crescente quota di energia rinnovabile, se le aziende riusciranno a smaltire in maniera sostenibile i rifiuti elettronici e soprattutto se riuscirà anche solo a ridurre le miniere d’oro fisico, forse il bitcoin non sarà il peggior nemico dell’ambiente.

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