Latte vegetale migliore: quale scegliere per ridurre l’impatto a tavola?

Latte vegetale? Indeciso su quale scegliere per ridurre l’impatto ambientale a tavola?

E allora puoi leggere l’articolo o andare direttamente al video:

https://www.youtube.com/watch?v=VzE1sssGOr8

Alzi la mano chi non ha mai bevuto latte in vita sua? Probabilmente nessuno.

Sin dai primissimi giorni, appena arrivati su questo incredibile pianeta beviamo latte, all’inizio ci pensa la mamma a soddisfare questo bisogno, crescendo ci affidiamo ad un’industria intensiva altamente impattante sull’ambiente.

Consumo di territorio naturale per la produzione di mangimi destinati ai bovini, emissioni di gas serra, inquinamento da feci, consumo di risorse idriche, maltrattamento animale.

L’industria del latte inquina e tutti lo sanno

Ogni anno a livello globale vengono prodotti oltre 532 milioni di tonnellate di latte, con un trend in continua crescita. Nella sola Europa produciamo ben 150 milioni di tonnellate, buona parte di queste utilizzate per produrre formaggi, burro, e altri prodotti caseari.

Qualsiasi alternativa capace di limitare questi danni è ovviamente la benvenuta.

Se vogliamo garantire la sicurezza alimentare agli oltre 10 miliardi di persone che presto o tardi abiteranno sulla terra, dobbiamo modificare le nostre abitudini.

Un dato da solo che spiega la situazione, per produrre un litro di latte servono 628 litri di acqua, per fare un kg di formaggio, servono 10 litri di latte.

Moltiplichiamo le tonnellate di prodotti caseari consumati ogni anno da una popolazione in crescita ed ecco che abbiamo un piccolissimo problema.

Cosa possiamo fare noi comuni cittadini per contribuire alla tutela delle risorse naturali e per garantire uno sviluppo sostenibile per le future generazioni?

Ma ovviamente ridurre il nostro consumo di latte e latticini il più possibile.

Quale latte vegetale scegliere?

Su una cosa siamo certi, qualsiasi sia il latte vegetale consumato il suo impatto sull’ambiente è nettamente inferiore.

Per non parlare del benessere animale.

Le immagini idilliache del contadino che munge latte fresco manualmente direttamente dalla mucca sono un frutto della nostra fantasia, oggi l’industria del latte è per la maggior parte basata sugli
allevamenti intensivi.

Quando si analizza l’impatto ambientale di un determinato prodotto si deve prendere in considerazione il consumo di territorio, le emissioni di gas serra e il consumo di acqua.

Negli ultimi anni la varietà di prodotti alternativi al latte è aumentata notevolmente, dal latte di cocco, a quello di avena, oggi un consumatore attento può ridurre il suo impatto a tavola senza difficoltà.

Uno studio pubblicato nel 2018 ha stimato come il latte di origine animale ha un contributo netto di emissioni di gas serra 3 volte superiore alle alternative vegetali.

In questa immagine vediamo chiaramente l’enorme differenza tra il latte tradizionale e la controparte di origine vegetale.impatto ambientale latte vegetale

Fatta la premessa che qualsiasi latte di origine vegetale è meglio del corrispettivo animale, qual è il migliore?

Piccola premessa, non esiste un latte vegetale migliore o peggiore in assoluto rispetto agli altri, il motivo è la variabilità dei diversi impatti ambientali che sono influenzati anche dalla localizzazione geografica della coltivazione.

Per farti un esempio, il latte di mandorla emette meno C02 rispetto al latte di soia, ma a parità di litri prodotti consuma più acqua.

Che cos’è il latte vegetale?

Per essere definito latte vegetale, la sostanza deve possedere determinate caratteristiche che imitano il suo corrispettivo animale.

Nonostante il latte vegetale potrebbe sembrare una moda degli ultimi tempi, in realtà è dal 1300 che utilizziamo sostanze vegetali per la produzione di latte.

Ad esempio i nativi americani sin da tempi antichi utilizzavano latte di noce per i bambini, così come l’orzata, la bevanda a base di cipero diffusa da diversi secoli in Europa e Nord Africa.

Si può ricavare il latte vegetale a partire da tante materie prime.

Esistono quelli ricavati dalla frutta secca come mandorle e nocciole, quelle che si ricavano da cereali come riso e avena, dai semi come quello di canapa, dai legumi come quello di piselli e dal frutto intero come quello di cocco.

I latti vegetali più utilizzati

A livello globale i latti vegetali più consumati sono quelli di soia, di avena, di mandorla, di nocciola, di riso e di cocco.

E sono proprio di questi 6 che analizzeremo vantaggi e svantaggi.

Latte di mandorla

La California è il maggior produttore mondiale di latte di mandorla, qui infinite distese di coltivazioni soddisfano oltre l’80% della domanda globale.

Lo sviluppo dell’industria del latte di mandorla in California dimostra come il luogo di produzione è determinante per la sostenibilità ambientale.

Qui infatti le coltivazioni hanno un impatto sempre maggiore perché consumano grandi quantità di acqua in un clima arido come quello californiano.

Il clima ottimale per il mandorlo sono i climi caldi dove le piogge sono poco abbondanti sottraendo risorse idriche ad altre colture.
Un altro problema riscontrato nella produzione di latte di mandorla è l’utilizzo massivo di api per l’impollinazione degli alberi.

Quando l’apicoltore invia i suoi sciami nelle coltivazioni di mandorle, al ritorno le api si ammalano e spesso muoiono.
Perché succede?

Le api durante le loro attività di impollinazione, vengono a contatto con pesticidi, parassiti e inevitabilmente muoiono.

Latte di riso

Se un bicchiere di latte di mandorla necessita di ben 74 litri di acqua, il latte di riso non si allontana di molto con circa 54 litri sempre per un singolo bicchiere da 200 ml.

Sebbene sia un’alternativa per moltissime persone, compreso il sottoscritto, che vogliono eliminare il latte dalla dieta dato il suo gusto meno forte rispetto agli altri latti vegetali, il latte di riso apporta pochi benefici nutrizionali e ambientali.

Sarò sincero con voi, il latte di riso insieme a quello di cocco è il mio preferito, tuttavia secondo uno
studio produce più emissioni di gas serra rispetto a qualsiasi altro latte vegetale.
Questo è dovuto ai batteri che si riproducono nelle risaie che pompano metano nell’atmosfera. A questo purtroppo si aggiunge le grandi quantità di fertilizzanti utilizzate per la crescita del cereale.

Il riso è un prodotto essenziale per la dieta di miliardi di esseri umani e forse il suo utilizzo per la produzione di latte andrebbe evitato.

Latte di cocco

Quando parliamo di vacanze, ci viene subito in mente la classica palma di cocco in riva al mare, quello che è simbolo di piacere e relax per alcuni, per gli abitanti di Indonesia, Filippine, e India significa lavoro a basso costo per soddisfare la crescente domanda di prodotti a base di cocco, latte compreso.

In generale, l’impatto ambientale del latte di cocco è basso in quanto gli alberi utilizzano modeste quantità di acqua e assorbono anidride carbonica.

Il problema deriva dal fatto che le coltivazioni sono situate esclusivamente nelle aree tropicali, coperte da foreste pluviali habitat di molte specie selvatiche in pericolo.

Latte di nocciola

Per i consumatori che desiderano il nutrimento e la bontà di un latte proveniente da frutta secca, ma senza l’impatto ambientale delle mandorle, la nocciola rappresenta una valida alternativa.

Le nocciole crescono sugli alberi che assorbono carbonio dall’atmosfera e aiutano a ridurre le emissioni di gas serra invece di aumentarle.

Le nocciole sono ambientalmente superiori alle mandorle in quanto sono impollinate dal vento piuttosto che dalle api commerciali e crescono in climi temperati dove l’acqua rappresenta un problema minore.

Latte di soia

Per chi ha deciso di mettere al primo posto la sostenibilità rispetto alla preferenze di gusto, dobbiamo sottolineare che secondo lo studio di Oxford del 2018, il latte di soia rappresenta il vincitore nella classifica del minor impatto ambientale in termini di emissioni, consumo idrico e di territorio.

Il latte di soia è il solo latte vegetale che si avvicina ad offrire un contenuto proteico paragonabile al latte tradizionale.
Soia che oggi è per la maggior parte utilizzata per alimentare gli animali di allevamento, un minor l’aumento della domanda globale porterà inevitabilmente ad un incremento dell’utilizzo di zone ore consumo di questi prodotti libererà parte della produzione per la produzione di latte.

Latte di avena

Sempre in cima alla classifica dei migliori latti vegetali è quello ricavato dall’avena, latte che io purtroppo non riesco proprio a bere per via della sua estrema dolcezza.
Allo stato attuale dal 50 al 90% della produzione globale di avena viene utilizzata nell’alimentazione animale”.

Esiste quindi un enorme potenziale nell’utilizzare una quota significativa dell’avena per produrre latte senza muovere l’ago sulla produzione totale.

In natura è tutto collegato, se diminuiamo il consumo di carne e latticini, importanti quote di soia e avena potrebbero liberarsi e diventare latte vegetale dal basso impatto ambientale.

La cosa positiva nella produzione di avena è il fatto di crescere in climi temperati dove lo sfruttamento di manodopera e la distruzione di habitat sono problemi meno gravi rispetto ai paesi in via di sviluppo.

Se vogliamo trarre una conclusione al video, possiamo dire che qualsiasi latte vegetale è migliore rispetto al tradizionale, tuttavia la crescente domanda di un singolo prodotto aumenta la domanda globale e con essa i problemi collegati alla produzione intensiva.

Ecco quindi che la migliore soluzione è variare il più possibile tra le varie alternative disponibili. 

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