Ti sei mai domandato perché le balene muoiono?
Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore dell’associazione ecologista Keep the Planet e oggi analizzeremo le cause antropiche che portano alla morte di questi giganti buoni del mare.
Le balene hanno un inizio e una fine.
Proprio come noi ed il resto del mondo vivente, le balene muoiono per età avanzata, malattie o predazione.
Un esempio sono gli attacchi causati da squali, o da orche che sono dei predatori apicali dell’oceano.
Tuttavia, non sono le cause naturali il tema di questo articolo, ma piuttosto quelle causate da noi umani.
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Nonostante i tempi peggiori della caccia alle balene ormai fanno parte del passato, diversi studi scientifici hanno dimostrato che le morti causate dall’uomo sono la principale causa di mortalità in alcune specie di cetacei.
Perché le balene muoiono?
Queste possono essere a loro volta suddivise in cause dirette ed indirette.
Tra quelle dirette ci sono quelle causate dalla pesca accidentale, dagli sversamenti di idrocarburi, il disturbo acustico, le collisioni con le barche e la caccia diretta.
In questo contesto non parleremo degli spiaggiamenti massivi che ciclicamente conquistano le prime pagine dei giornali, è un argomento vasto e per certi versi ancora poco conosciuto a cui dedicheremo un video specifico.
Tra le cause indirette ci sono l’inquinamento chimico, quello plastico, la riduzione delle prede causate dalla pesca eccessiva e ovviamente i cambiamenti climatici.
Determinare le cause di morte della balene non è sempre facile e veloce per i ricercatori.
Il primo motivo è dato dal fatto che le balene sono animali molto pesanti e quando muoiono tendono ad affondare negli abissi marini.
Il secondo motivo, sempre dato dalla mole dell’animale, è la difficoltà nel trasportare la carcassa all’interno di un laboratorio.
Terzo, quando si recupera il corpo della balena morta spesso lo stato di decomposizione avanzato non permette analisi accurate.
Quello che è certo è che ogni anno sempre più balene muoiono nonostante il divieto di caccia commerciale stabilito a livello internazionale nel 1986.
La causa di morte di morte più visibile e che spesso conquista le prime pagine dei giornali è l’inquinamento plastico.
Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici vengono aggiunti agli oltre 150 milioni di tonnellate di plastica in mare. Le stime parlano che se dovessimo mantenere il trend attuale, nel 2050 ci sarà più plastica che pesci negli oceani.
La plastica è un problema enorme per questi grandi cetacei perché finiscono per ingoiarne grandissime quantità che porteranno l’animale al soffocamento.
Recentemente, una balena morta in Indonesia al suo interno aveva ben 150 bicchieri di plastica e addirittura anche un paio di ciabatte.
Il problema plastica è enorme, e purtroppo anche difficile da risolvere: da una parte l’industria capitalistica, il menefreghismo dei governi e l’ignoranza della maggior parte delle persone, dall’altra loro, i poveri abitanti del mare indifesi.
Un’altra causa di morte molto ben conosciuta dal grande pubblico è la caccia delle balene che nonostante la moratoria del 1986 è portata avanti da paesi come la Norvegia, il Giappone, l’Islanda, le Faroe Islands, il Canada e l’Alaska.
Sebbene la pratica sia poco gradevole, è giusto ricordare che alcuni di questi paesi come il Canada permettono la caccia solamente a specifici gruppi di persone come gli Inuit che utilizzano le balene come fonte di sostentamento.
Nonostante la caccia sia l’attività che più indigna l’opinione pubblica, quello che più preoccupa gli esperti sono le cause di morte meno visibili, ma che dal punto di vista conservazionistico fanno molti più danni.
Le collisioni con le grandi navi
Si stima che ogni anno oltre 10.000 grandi balene vengono uccise dalla collisione con le grandi navi che a migliaia quotidianamente navigano in tutti i mari del mondo.
Purtroppo, questo è un fenomeno poco conosciuto perché non abbiamo immagini degli incidenti in quanto la quasi totalità delle carcasse si inabissa nei fondali marini.
Ufficialmente sono circa un migliaio i casi ufficiali confermati dalle autorità marine, tuttavia gli esperti credono che siano molti di più toccando dai 12.000 fino ai 30.000 casi ogni anno.
Numeri preoccupanti che minacciano lo stato di conservazione di tante specie di balene come la balenottera azzurra e la megattera.
Per queste specie che hanno un lento tasso di riproduzione, le collisioni con le grandi navi sono una grave e seria minaccia.
In questo momento, ci sono circa 50.000 navi incluse petroliere, navi cargo e navi da crociera che attraversano habitat critici per la vita delle balene come le zone di riproduzione, alimentazione e le rotte migratorie.
La domanda sorge spontanea: perché le balene o le navi non si spostano così da evitare l’impatto?
Da una parte abbiamo gigantesche navi lunghe fino a 400 metri e larghe 60 che hanno ridotte capacit di manovra. Trasportano oltre 20.000 container ad una velocità e rotta costante difficile da modificare in un breve intervallo di tempo.
E le balene? Se vedono queste gigantesche navi arrivare, perché non le evitano?
Le balene si sono evolute nel corso dei millenni in un mare privo di navi, i loro comportamenti sono programmati per la ricerca di cibo, di siti di riproduzione e non per evitare le rotte commerciali delle navi.
Oltre ad avere una vista poco sviluppata, le balene non riescono a percepire il rumore delle navi come un pericolo per la loro stessa vita.
Ed è qui che nasce il problema, da una parte navi che non possono modificare velocemente rotta e velocità, dall’altra mammiferi giganteschi evoluti in un mare privo di esseri umani.
Gli esperti sono concordi, siamo noi umani a dover trovare una soluzione. Soluzione che ha il nome di Schema di Traffico Separato.
Unendo le principali rotte migratorie dei cetacei, con i siti di alimentazione e riproduzione, possiamo infatti redigere delle rotte di navigazione che evitino queste zone.
Un esempio di successo ci da Panama,molte balene vivono nel golfo, mentre migliaia di grandi navi attraversano il famoso canale, creando una situazione potenzialmente disastrosa dal punto di vista ambientale.
Qui un sistema separato di traffico ha ristretto il percorso di navigazione delle navi indicato in giallo così da ridurre il numero di impatti di oltre il 90%
Laddove non sia possibile modificare le rotte, un’altra strategia prevede la modificazione delle tempistiche.
La principale fonte di cibo delle balene sono i krill, dei piccoli crostacei fotosensibili che durante il giorno stanno in profondità a circa 300 metri, mentre di notte si avvicinano alla superficie. Le balene, alla costante ricerca di cibo fanno lo stesso.
Le grandi navi possono tranquillamente navigare durante le ore diurne e fermarsi durante la notte così da ridurre il rischio di incidenti.
Terza e necessaria soluzione è quella dell’obbligo di riduzione di velocità delle navi nelle aree sensibili. I ricercatori hanno stabilito in 10 nodi la velocità massima in queste zone.
Le soluzioni ci sono, ora resta alle autorità implementare serie regolamentazioni che siano capaci di ridurre le morti accidentali.
Il tema delle collisioni è un tema poco conosciuto, c’è bisogno di conoscenza e divulgazione per portare alla luce questa problematica.
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