Un articolo di Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore di Keep the Planet, sulla possibilità tecnica e scientifica di sfamare 10 miliardi di persone in maniera sostenibile.
E’ possibile sfamare l’umanità in crescita in maniera sostenibile?
Una domanda complessa che non ha una risposta facile.
Quello che è certo è che bisogna trovare una risposta al più presto per ottenere un’alimentazione sostenibile che possa garantire la sicurezza alimentare del futuro.
Entro pochi decenni circa il 75% delle specie viventi scomparirà dalla Terra. E la colpa è la nostra. Di noi e delle nostre attività per sostenerci come specie.
Qui puoi vedere il video, oppure proseguire e leggere l’articolo:
Secondo un recente studio negli ultimi 40 anni l’uomo ha eliminato il 60% delle altre specie viventi e le statistiche vanno di pari passo con l’aumento di Co2.
Si tratta della più grande crisi delle biodiversità da quando esistiamo: perdiamo tremila specie ogni anno, tre ogni ora, con un tasso di estinzione cento volte più elevato del normale.
Se da una parte non possiamo non menzionare il capitalismo come responsabile, dall’altra non possiamo ignorare l’aumento vertiginoso della popolazione umana
Se agli inizi del 1900 contavamo solamente un miliardo di individui, nel 2050 saremo oltre 10 miliardi di persone.
Persone, che hanno tutto il diritto di mangiare.
Come sfamare l’umanità in maniera sostenibile
Dalla comparsa della nostra specie 200.000 anni fa in poi, l’uomo ha vissuto diverse ere climatiche, ma è solo negli ultimi 10.000 anni, grazie alla stabilità climatica che ha caratterizzato l’olocene, che ha potuto raggiungere il grado di sviluppo attuale.
In un mondo dominato dalla natura selvaggia, siamo passati ad un mondo dominato dall’uomo che grazie alla sua tecnologia riesce a modificare in maniera irreversibile l’ambiente in cui vive.
Grazie a questi cambiamenti, siamo ufficialmente partecipi dell’Antropocene, l’era geologica dell’uomo.
E quindi la grande domanda: è possibile sfamare 10 miliardi di bocche in maniera sostenibile?
La crisi ambientale in atto ci obbliga a trovare una soluzione pratica e percorribile per trovare una soluzione.
Un piccolo barlume di speranza ci arriva dallo STOCKHOLM RESILIENCE CENTRE, della STOCKHOLM UNIVERSITY, un centro di ricerca multidisciplinare che dal 2009 sta definendo nuovi parametri per raggiungere la sostenibilità ambientale.
La grande sfida millenaria tra le necessità dell’uomo di soddisfare il suo fabbisogno calorico giornaliero e l’ambiente circostante è oggi esasperata ai massimi livelli.
Se in passato il problema era rappresentato dalla difficoltà di reperire del cibo, oggi al contrario è la sua stessa produzione massiva che sta minando le capacità del pianeta di rigenerarsi.
Il centro di ricerca della STOCKHOLM UNIVERSITY ha definito 9 limiti planetari ben definiti nel cui interno l’umanità può continuare a prosperare in maniera sostenibile.
Questi limiti che dobbiamo rispettare è la diminuzione dello strato di ozono, la perdita di biodiversità, l’inquinamento chimico, l’acidificazione oceanica, il cambiamento climatico, il consumo delle acque potabili, lo sfruttamento del territorio e l’inquinamento atmosferico.
E’ chiaro, che se questi confini chiari non vengono rispettati, le conseguenze terribili.
Limiti planetari che non dovremmo sorpassare mai.
Sfamare 10 miliardi di persone è possibile se cambiamo mentalità
Quindi, dopo questa doverosa premessa, come possiamo sfamare 10 miliardi di persone qui sul pianeta terra?
Iniziamo da un presupposto, un problema complesso non ha mai una soluzione semplice.
La società degli uomini è chiamata a rispondere a delle problematiche globali con strategie nazionali e questo è certamente il primo ostacolo che dobbiamo risolvere.
La sostenibilità della vita umana sulla terra è una tematica globale e globalmente andrà risolta.
Lo studio della Stockholm University, pubblicato su Nature Sustainability, ha riscontrato la violazione di ben 4 limiti planetari.
L’analisi ha evidenziato come il nostro sistema di produzione di cibo attuale usa troppo azoto, consuma troppa acqua dolce, abbatte troppe foreste e riduce la biodiversità marina e terrestre.
I ricercatori hanno disegnato una mappa del pianeta con le regioni di criticità, con il suggerimento di ridisegnare il nostro sistema di produzione massimizzando la produzione e riducendo sprechi e inefficienze.
Gli scienziati hanno diversi suggerimenti: spostare le aziende agricole da quei territori dove più del 5% delle specie è minacciato dalle attività umane, restituire terreno alle foreste laddove ne siano state abbattute oltre l’85%, diminuire il consumo idrico e la concimazione a base di prodotti azotati.
Questo approccio globale dovrebbe essere accettato da tutte le nazioni, ma in un mondo dominato dagli interessi economici nazionali, purtroppo rischia di rimanere un’utopia.
La buona notizia è che grazie alla scienza e alle scoperte tecnologiche si potrebbe sfamare 10 miliardi di persone in maniera sostenibile, la brutta è che non lo stiamo facendo perché schiacciati da logiche legate al denaro e del profitto.
Potremmo triplicare, quadruplicare la produttività dei terreni così come potremmo dimezzare gli sprechi alimentari e migliorare la distribuzione del cibo.
Se i cambiamenti suggeriti dalla ricerca dovrebbero essere accolti, potremmo soddisfare il fabbisogno attuale di quasi 8 miliardi di umani, mentre per il futuro, saranno richieste ulteriori azioni.
Mentre seguendo i modelli attuali, siamo in grado di sfamare solamente 3,4 miliardi di individui in maniera sostenibile.
La prima azione da compiere oggi stesso è certamente quella di ridurre gli sprechi alimentari attraverso una fuoriuscita graduale dal sistema consumistico attuale.
In futuro dovremmo abituarci a non trovare gli scaffali dei supermercati sempre pieni, e inoltre dovremmo rivedere la nostra dieta e optare per una riduzione del consumo di carne.
Secondo i calcoli, se tutti adottassimo una dieta a base di vegetali ridurremmo le emissioni fino al 73% a seconda dell’area geografica di residenza.
Inoltre, i terreni ad uso agricolo sul pianeta si ridurrebbe di circa 3,1 miliardi di ettari diminuendo quindi la pressione sulle foreste e gli altri ecosistemi naturali.
Ovviamente convincere l’intera umanità a diventare vegetariani in pochissimo tempo è pura utopia, e infatti i ricercatori propongono soluzioni meno estreme per ridurre l’impatto dell’industria alimentare sul pianeta come ad esempio ridurre il consumo di prodotti animali del 50%.
Soluzioni che, se attuate, aprirebbero interessanti scenari di compromesso percorribili per tutti.
Oggi gli ecosistemi più sensibili come i poli artici e le barriere coralline ci stanno avvertendo come un piccolo cambiamento possa portare al collasso l’intero ecosistema.
Se non agiamo, dopo le barriere coralline saremo noi a sbiancarci.
Per raggiungere questi obiettivi basterebbero piccole azioni politiche come l’introduzione delle etichette ambientali sugli alimenti per promuovere maggiore consapevolezza nei consumatori e incentivi finanziari per le aziende che promuovono un consumo più sostenibile.
Oppure incentivare le filiere corte, i prodotti stagionali, e quelli a chilometro zero.
Si potrebbero incentivare trasmissioni educative per la promozione di ricette vegetariani e una riscoperta di antichi prodotti poco utilizzati come ad esempio i legumi.
Un piccolo aiuto nella causa ambientale potrebbe anche arrivare dai grandi chef internazionali che hanno un gran seguito, piuttosto di suggerire ricette con ingredienti esotici e dal grande impatto ambientale, si potrebbe promuovere un approccio più sostenibile alle nuovissime ricette gourmet.
Se sei uno chef, accetta il consiglio.
Per concludere, da una parte le nazioni che devono collaborare e non competere, e poi noi, semplici cittadini che possiamo, anzi no dobbiamo, adottare uno stile di vita più modesto, meno pretenzioso, e più sostenibile.
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