Può il social business salvare l’essere umano dall’estinzione?
Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore dell’associazione ecologista Keep the Planet e oggi parleremo di social business.
Puoi continuare con la lettura dell’articolo, o guardare il video:
E’ ormai innegabile che il nostro modo di vivere su questo meraviglioso pianeta non è più sostenibile.
Il nostro sistema economico basato sulla crescita infinita, sul consumismo e sullo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali sta devastando la biodiversità.
Biodiversità che sta alla base della nostra esistenza.
E’ grazie proprio alla biodiversità che gli ecosistemi naturali riescono a fornire all’umanità servizi essenziali come il riciclo della materia organica, la produzione di cibo e la regolazione del clima.
Nonostante qualcuno non voglia accettare la realtà oggettiva, non possiamo escludere a priori che tra le tante specie estinte, presto o tardi ci finiremo anche noi.
Si parla tanto di salvare il pianeta, salvare la natura, ma il pianeta non ha bisogno di noi per salvarsi, lui nella sua incredibile storia si evolverà e continuerà a supportare questa meravigliosa magia chiamata vita.
La società attuale è fondata sull’economia, un’azienda crea un prodotto o servizio e lo rivende al consumatore finale. Tra chi produce e chi consuma spesso c’è anche tutta una serie di intermediari a gestire questa filiera.
Fin qui, nulla di sbagliato, lavoriamo, guadagniamo, viviamo.
Tuttavia, in questo processo c’è un problema fondamentale.
L’azienda e i vari intermediari non producono solamente quello che è utile per il consumatore finale, per la società, ma anche il superfluo perché l’apparato produttivo non può limitarsi al necessario.
Fermiamoci ad analizzare alcune cifre: ogni anno, nel mondo, si gettano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo che rappresenta 1/3 della produzione mondiale, mentre allo stesso tempo 795 milioni di persone soffrono la fame.
Questa situazione paradossale, dimostra che la produzione di beni e servizi non va dove ce ne bisogno, ma dove si genera profitto.
Questa maledetta parola, il profitto, che controlla in maniera maniacale il funzionamento della nostra economia e quindi della società.
Non importa se le produzioni di cibo finiranno nella discarica, non importa se milioni di persone muoiono di fame, l’importante è produrre e vendere.
C’è un problema e cioè che la produzione di beni necessitano di risorse fornite dagli ecosistemi come un clima stabile, un terreno fertile, acqua in abbondanza, minerali, petrolio, tutte risorse che hanno un limite ben specifico.
Ed è proprio questo consumo di risorse che sta alla base della perdita di biodiversità.
Pensiamo alla deforestazione selvaggia, all’inquinamento delle acque, e dell’aria, tutto in nome del profitto.
Da una parte abbiamo le associazioni che vivono di donazioni, di contributi, di fondi, per conseguire determinati obiettivi, dall’altra le aziende che generano profitto anche a discapito della sostenibilità ambientale.
Ma siamo sicuri che questo sia il solo sistema percorribile?
Forse esiste una via intermedia e si chiama appunto social business.
Che cos’è il social business?
Attenzione a non confonderci con i social media, non c’éntra assolutamente nulla.
Il social business o business sociale è rappresentato da tutte quelle attività imprenditoriali il cui obiettivo primario è risolvere problemi sociali, economici e ambientali, senza rinunciare alla sostenibilità economica dell’impresa.
Il business sociale nasce per la prima volta nel 1976 grazie all’idea di Muhammad Yunus, un’economista e banchiere bengalese.
La sua idea rivoluzionaria è stata quella di creare per la prima volta al mondo il microcredito, conosciuto anche come la banca dei poveri.
Nel 1976 Yunus fondò la Grameen Bank, prima banca al mondo ad effettuare prestiti a persone poverissime basandosi non sulla solvibilità, bensì sulla fiducia.
Da allora la Grameen Bank ha erogato più di 5 miliardi di dollari ad oltre 5 milioni di richiedenti. Il sistema si basa sul concedere piccoli prestiti a persone troppo povere e senza garanzie che non avrebbero mai ottenuto dei finanziamenti dalle banche tradizionali.
Grazie a queste piccole somme, gli aspiranti imprenditori hanno potuto avviare dei progetti imprenditoriali così da uscire dalla povertà estrema.
Ti faccio un paio di esempi in ambito ambientale, il mio preferito.
Immaginiamo di avere una causa che ci sta a cuore come ad esempio fermare la deforestazione.
Ora ipotizziamo di voler agire concretamente, davanti a noi abbiamo due strade, la prima quella tradizionale è cioè creare un’associazione ambientale.
Per portare avanti la nostra causa dovremmo affidarci alla beneficienza delle persone che condividono i nostri valori, chiaramente è un continuo chiedere e a volte gli sforzi non sempre si trasformano in risultati concreti.
Ecco quindi la seconda via, perché non creare un’azienda sociale che genera profitti attraverso un’attività e che come obiettivo primario ha quello di riforestare il mondo.
Pensi che sia impossibile? No, non lo è e anzi esiste anche una realtà così e si chiama Treedom.
Treedom è una piattaforma web attraverso la quale è possibile acquistare un albero che verrà poi effettivamente piantato.
Treedom finanzia direttamente piccoli progetti agroforestali, diffusi sul territorio. La filosofia è quella di realizzare ecosistemi sostenibili e permettere a migliaia di contadini di far fronte ai costi iniziali della piantumazione di nuovi alberi, garantendo nel tempo sovranità alimentare ed opportunità di reddito.
Questo non è un articolo sponsorizzato da Treedom, ma è una sincera citazione perché credo che Treedom rappresenti una realtà e un’idea incredibile che mi ha colpito veramente.
Secondo esempio di social business, 4ocean.
4ocean è un’azienda che vende online braccialetti creati con plastica riciclata e che grazie ai fondi raccolti finanzia campagne di raccolta plastica in tanti luoghi del mondo.
Io stesso con Keep the Planet ho provato un approccio simile al social business. Piuttosto che chiedere contributi da chi condivide gli obiettivi dell’associazione, ho creato un servizio di aiuto per tutti coloro che desiderano lavorare nella conservazione.
Ho creato questo servizio per rendere la mia opera di divulgazione sostenibile nel tempo senza per forza affidarmi alla semplice beneficienza..
Io credo che il social business sia solamente agli inizi e che il futuro di questo settore sarà lungo e prospero.
Ci sono tantissime opportunità tante idee e tante prospettive per creare un’attività del genere.
Passare l’intera esistenza ad inseguire il semplice denaro, lo trovo abbastanza noioso.
Bene ragazzi, se avete un’idea di business social e avete voglia di condividerla nei commenti mi farà molto piacere.
Se vuoi aiutare Keep the Planet, puoi farlo da questa pagina.