Le migliori esperienze di un viaggio di volontariato all’estero sono quelle che avvicinano la persona alla causa, in maniera concreta.
Sono quelle esperienze che fanno mettere in pratica azioni reali, anche audaci a volte, e per questo indimenticabili.
Colui o colei che parte per un viaggio di volontariato all’estero è una persona che ha sensibilità per i problemi dell’ambiente e per gli animali, e quando si ritrova a curare un leone ferito o a ripiantare alberi nella foresta pluviale, prova un ‘emozione forte.
Noi di Keep the Planet siamo ormai da alcuni anni impegnati attivamente nella selezione delle migliori esperienze di viaggio volontariato che realmente aiutano la conservazione.
Supportare questa rete di piccole associazioni è sempre più importante perché, a differenza delle grandi associazioni, la quasi totalità del contributo sia economico che di tempo è tutto rivolto alla vera conservazione e non al mantenimento di un carozzone burocratico.
Questa guida elenca le migliori esperienze che si possono vivere nell’ambito delle attività che si possono svolgere durante un viaggio di volontariato all’estero attraverso le piccole associazioni che vivono sul territorio.
Chi meglio di loro può conoscere i veri problemi dell’ambiente in cui vivono, esperienza che ad esempio di ha portato a creare il nostro progetto Men of The Forest che è appunto incentrato nella vita quotidiana di questi eroi locali che con pochissimi mezzi riescono a proteggere le ultime foreste del Borneo.
Riforestazione
Gli alberi sono elementi importantissimi per la salute ambientale perché migliorano l’aria, assorbendo CO2, il principale gas serra responsabile del surriscaldamento globale: per questo motivo i boschi e le foreste possono condizionare significativamente la biosfera.
Molti studi confermano che il disboscamento effettuato per scopi agricoli, per approvigionamento di legname o per motivi di edilizia sono le principali cause di emissione di anidride carbonica in atmosfera dopo l’utilizzo di combustibili fossili.
L’anidride carbonica ha un ruolo fondamentale nei processi vitali delle piante perché durante il processo di fotosintesi la pianta converte il CO2 in glucosio, zucchero fondamentale per la sua nutrizione.
Ecco perché i boschi vengono definiti i “polmoni del mondo”. Partecipare ad un progetto di riforestazione significa dunque intervenire, proprio come farebbe un medico, per curare gli organi vitali del nostro Pianeta.
La riforestazione è un procedimento importantissimo per il ripristino degli ecosistemi oltre che un modo di affrontare con decisione il problema del cambiamento climatico.
I progetti di riforestazione nell’ambito del volontariato ambientale per fortuna non mancano e sono presenti in molti posti del mondo. Fra questi è impossibile non citare quello che dovrebbe occuparsi della piantumazione di ben 73 milioni di alberi nella foresta amazzonica, definito anche come la più grande opera di riforestazione tropicale della storia.
La foresta amazzonica, veramente ultimo polmone che ci è rimasto sulla Terra, è sempre più spogliata delle proprie piante, dei propri alberi, raggiungendo un record negativo in assoluto nel 2016.
E’ un posto del mondo sensibilissimo, su cui bisogna intervenire con celerità per fronteggiare al meglio il problema.
Ma si può andare anche nel Nicaragua famosa per la sua grande estensione ricca di mangrovie o nel deserto di Atacama in Cile per far parte di un progetto di riforestazione iniziato più di 20 anni fa.
Solo per citare alcuni esempi. La riforestazione di un territorio insegna molto anche sulle tecniche di botanica, su come si scelgono le specie da piantare oltre che lasciare indelebile nel proprio cuore un ‘esperienza sicuramente importante.
Educazione ambientale
Non sempre fare volontariato naturalistico all’estero, significa lavorare esclusivamente per la vegetazione e per gli animali. Esistono progetti infatti che si basano prevalentemente sull’educazione ambientale.
Lo scopo di questi progetti è lo sviluppo del benessere e della qualità della vita delle persone, il miglioramento della fruizione dell’ambiente urbano e naturale e la formazione di una coscienza ecologica.
Questi tipi di programmi offrono la possibilità di poter interagire con la popolazione del paese ospitante, conoscerne a fondo la cultura, le tradizioni e il modo di pensare.
Spesso i temi che si affrontano durante le attività di educazione ambientale, sono quelli inerenti le energie alternative, il risparmio energetico, la mobilità sostenibile, la bioedilizia e l’ eco architettutura.
Si danno agli abitanti le indicazioni su come si possono valorizzare le aree naturali e le aree verdi urbane per trarne beneficio economico, attraverso un turismo sostenibile oppure si insegna la raccolta differenziata dei rifiuti, il riuso dei materiali, come contrastare l’uso dei prodotti di plastica usa e getta attraverso l’uso di soluzioni alternative ed eco compatibili.
Si fanno inoltre attività nelle scuole per l’educazione al tema dell’ambiente e della biodiversità con laboratori didattici e pratico-manuali, ed altre forme di ricerca d’ambiente.
La persona che sceglie di vivere quest’esperienza, è una persona che ha forti doti comunicative, è una persona sensibile e che ha interesse di conoscere altre culture, deve avere inoltre un forte spirito di adattamento e un minimo di preparazione di studio sui temi di ecologia.
Un esempio di progetto di educazione ambientale può essere quello in Indonesia dove i volontari si troveranno sul campo con bambini che vivono situazioni difficili e a loro proporranno attività di educazione informale, ma anche laboratori creativi e di svago.
Senza dubbio, la partecipazione ad un progetto internazionale di educazione ambientale, è un’esperienza a livello umano sensazionale, che lascia un ricordo indelebile nel cuore di chi la vive.
Ripristino barriere coralline
Se ripiantare alberi nelle foreste più belle del mondo significa vivere un’ esperienza unica, come si può definire l’emozione che si prova nel ripristinare l’ecosistema delle foreste sottomarine?
Le barriere coralline rappresentano nell’immaginario collettivo un ambiente fantastico, fatto di colori, specie animali e vegetali curiose e stupefacenti.
Ma non tutti sanno che questo mondo sommerso rischia di scomparire per sempre. Le barriere coralline infatti sono fortemente minacciate dalla pesca indiscriminata, dal commercio per l’allevamento casalingo delle specie di pesci e piante che popolano questo ambiente e non per ultimo, anche dal surriscaldamento globale.
Protagonisti indiscussi di questa foresta sottomarina sono i coralli, dai quali tutto questo ecosistema prende il nome, ma non dimentichiamo che nelle barriere coralline vivono migliaia di specie di alghe, di spugne, di pesci, di coralli molli, di crostacei e molluschi, un sistema naturale con più biodiversità al mondo, ricchissimo di forme viventi differenti, che hanno iniziato il loro processo evolutivo ancor prima della nascita dell’uomo.
Le madrepore ermatipiche non sono altro che i coralli duri, quelli che in passato, e purtroppo forse ancora adesso, il turista incosciente, attratto dal suo colore rosso acceso, prelevava per farne souvenir: un pezzo per volta, per trasformalo in collanina o in un inutile ninnolo.
Ogni singola composizione di coralli duri, sono in realtà colonie di piccolissimi animeletti a forma di sacchetto con minuscoli tentacoli urticanti posizionati in cima, definiti anche polipetti.
Le barriere coralline sono presenti in tutto il mondo, nei mari tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno, nei primi 35-45 metri di profondità e dove la temperatura minima dell’acqua non scende mai sotto i 20 gradi e non supera i 30.
Esistono progetti di volontariato che si dedicano alla conservazione delle barriere coralline, viste anche come risorsa di sviluppo sostenibile per le popolazioni locali oppure si occupano della ricerca scientifica degli habitat marini.
I volontari che partecipano a queste missioni devono essere ottimi nuotatori, avere la qualifica di sub o di snorkelers oppure verranno addestrati per esserlo.
Quello che devono assolutamente possedere è l’amore per il mare, gli esseri viventi che lo popolano e la sensibilità di non provocare loro del male.
Le barriere coralline non si toccano neanche per quanto son preziose e se pensiamo che oggi sono arivate a nutrirsi di plastica, rendiamoci solo conto del danno abnorme l’essere umano sta infierendo al Pianeta.</p>
Salvataggio specie selvatiche
Forse nessun’altra attività come questa, relativa al volontariato ambientale, è tanto diretta nel suo intento ed esplicita nella causa come il salvataggio delle specie selvatiche.
Partire per un posto lontano e sapere di andare a salvare un essere vivente che altrimenti rischia di scomparire totalmente dalla faccia della Terra, è già un emozione forte.
Gli animali selvatici a rischio sono tantissimi. E cambiano in base all’habitat dell’area geografica in cui si svolge il progetto. Il volontario che sceglie questa strada, potrebbe essere un aspirante veterinario o semplicemente una persona che ama gli animali, requisito fondamentale per fare domanda.
Le specie animali a rischio di estinzione sono le più diverse: erbivori africani, primati, orsi, lupi, balene, delfini, foche, squali, tartarughe, uccelli e tanti altri mammiferi, sia marini che terrestri.
Salvare un animale selvatico è l’azione più bella che un essere umano, soprattutto se è appassionato della natura, può compiere. Sicuramente il primo passo da fare, per ognuno di noi, per salvare questi animali è quello di tutelarli e conservare i loro habitat naturali ed è quello che sostanzialmente fanno i volontari che partono per i viaggi all’estero.
Se si parte per esempio per Bukit Lawang, a Nord di Sumatra, in Indonesia per salvare l’Orangutan, l’ esperienza più interessante che si potrebbe vivere, e ditemi se è poco, è quella di stare a contatto diretto con questo animale.
Ma potrebbero esserci anche attività diverse, come la costruzione e conduzione di un centro ambientale per la salvaguardia della natura, ovviamente.
Ci sono inoltre, per citare un’ altra esperienza interessante, i progetti sui pipistrelli frugivori che si occupano dell’ecologia e della conservazione di questi animali del Tamilnadu.
Cura e riabilitazione specie selvatiche
La cura diretta e la riabilitazione delle specie selvatiche è collegata al loro salvataggio. E’ un’attività che richiede in alcuni casi competenze particolari ma in generale si assiste il veterinario e si fanno mansioni abbastanza semplici ma pieni di affetto, finalizzate all’accudimento degli animali.
Gli animali selvatici spesso si feriscono, soprattutto quando si trovano l’uomo nelle vicinanze: vengono sparati, investiti, oppure abbandonati, dopo essere stati forzatamente addomesticati per moda o puro capriccio.
Questi animali hanno solo bisogno di essere presi, curati, nutriti e rilasciati liberi. Le persone che fanno domanda per lavorare nei Centri specializzati, dovranno occuparsi della corretta alimentazione di questi animali, della loro pulizia e della manutenzione dei loro recinti, gabbie e ricoveri.
Non è un lavoro leggero, bisogna mettere in conto le tante ore operative, a volte si raggiunge anche il luogo dell’incidente per recuperare l’animale, insomma è come un ospedale, ci vuole flessibilità, pazienza e passione indiscriminata per questi esseri viventi.
Ovviamente un lavoro del genere ripaga in una maniera che va oltre: stare a stretto contatto con le specie selvatiche, vedere giorno dopo giorno i progressi della guarigione, conoscere la sua storia, e arrivare fino al giorno in cui lo si lascia ritornare in natura. Sono emozioni forti e che lasciano un segno indelebile nel cuore di chi si trova a vivere quest’esperienza. </p>
Riqualificazione ambientale
La maggior parte del territorio terrestre è stato deturpato: la natura è stata totalmente cancellata, per essere sostituita dal cemento. Gli alberi, in molte aree cittadine sono stati estirpati per costruire al loro posto muri, alti palazzi, capannoni per le industrie. Questi mostri di cemento, negli anni a seguire (soprattutto con l’avanzare della crisi) sono stati anche abbandonati, lasciando al posto del verde di una volta, solo desolazione e bruttezza.
Verrebbe proprio da dire che Adriano Celentano ci aveva visto lungo, quando incise la canzone “Il ragazzo della via Gluk”: basta osservare le periferie della grandi città in che situazione riversano oggi.
Le multinazionali che per interessi economici sono stati i primi creatori di questi ambienti inquinati e desolati, oggi per gli stessi interessi, cambiano la maschera e parlano di riqualificazione ambientale.
Ma ci sono organizzazioni che senza scopo di lucro hanno davvero a cuore il benessere delle persone che vivono in queste aree, al poco verde rimasto e anche agli animali che li popolano. Partecipare ad un progetto di riqualificazione ambientale vuol dire avere entusiasmo, creatività, gusto e ovviamente amore per l’ambiente.
Si, perché un ambiente inquinato, che sia la periferia di una città, un parco , un boschetto o una spiaggia, necessita di un intervento diretto e solo la grande forza di volontà dei volontari può adempiere concretamente allo scopo.
L’ attività principale che riguarda infatti un progetto di riqualificazione ambientale è per prima cosa la rimozione dei rifiuti.
Poi ci sono altri step da seguire come la piantumazione di piante e fiori, per esempio in una zona spoglia o la creazione di graffiti per ridare un tocco di colore al grigio che incombe a causa di un grosso palazzo.
La riqualificazione dell’ambiente abbraccia anche l’aspetto sociale perché alcuni progetti cercano proprio di ripristinare la bellezza risistemando i giardinetti pubblici, magari danneggiati o altre piccole manutenzioni che rendono più vivibile l’ambiente per le persone.
Sviluppo nuove tecnologie
La tecnologia fa parte della nostra vita ormai. E’ difficile oggi comunicare con il mondo senza di essa: ecco perché esistono progetti nell’ambito del volontariato ambientale internazionale, anche su questo tema. Sembra un po’ una stonatura è vero, perché ci viene difficile associare la natura o un animale selvatico ad un computer, perché forse non sappiamo che il volontariato ambientale racchiude in sé anche i principi di solidarietà e integrazione nei confronti delle persone più deboli. L’informatica per queste persone, che vivono nei paesi più poveri del mondo, diventa opportunità di socializzazione, di lavoro, di crescita e di formazione.
L’obiettivo dei volontari, ovviamente dovremmo essere informatici, che scelgono di andare in Africa, in India o in qualsiasi altro posto del mondo povero o in via di sviluppo, è proprio quello di formare i “formatori” per renderli autosufficienti. I formatori a loro volta, permetteranno agli altri di usare il computer anche per comunicare con le famiglie lontane e donare loro un po’ di serenità.