Chiudere i wet market , il mondo è d’accordo, ma cosa sono i wet market
Ciao a tutti ragazzi, io sono Alessandro Nicoletti, biologo marino e fondatore di Keep the Planet,
E oggi volevo parlare dei wet market, di cosa sono e perché sono pericolosi per ambiente e salute umana.
I wet market che tradotto dall’inglese sta ad indicare il mercato bagnato, è un mercato che vende prodotti animali e altri beni deperibili che si distinguono dai “mercati secchi” che vendono beni durevoli come tessuti ed elettronica.
Sono strutture molto diffuse in tutto il mondo, nessuna nazione esclusa.
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Esistono diversi tipi di wet market, dai mercati del pesce e della carne, ai mercati di animali selvatici.
Spesso per wet market si intendono nello specifico quei mercati dove gli animali sono vivi e vengono macellati direttamente sul posto.
E sono proprio quest’ultimi ad essere entrati nella cronaca attuale perché è proprio dal wet market di Wuhan in Cina che si è diffuso l’ormai noto coronavirus.
Se in Europa questi mercati devono rispettare delle normative igieniche severe e rigorose, lo stesso non accade in Asia e Africa.
Cosa succede nei wet market
I cosiddetti “wet market” (mercatini umidi) prendono il nome dalla triste usanza di vendere animali vivi, anche selvatici, che vengono macellati sul posto.
Inutile sottolineare la pressoché totale assenza di igiene, di frigoriferi e, soprattutto, di quale che sia cautela adottata per non far soffrire inutilmente gli animali che muoiono tra atroci sofferenze.
Il termine “umido” deriva da quel vero e proprio raccapricciante tappeto fatto di sangue e resti animali calpestato quotidianamente da venditori, curiosi e avventori.
Inutile negarlo, le differenze igieniche tra i mercati europei ed asiatici sono notevoli, tuttavia non dobbiamo cadere nel tranello di puntare il dito sempre verso gli altri perché, se da un punto di vista igienico siamo superiori, dal punto di vista etico, la differenza è molto poca.
Spesso, quando cerchiamo il colpevole non dobbiamo fare molta strada, perché spesso il colpevole ci guarda ogni mattina allo specchio.
La pandemia provocata dal coronavirus sta suggerendo a noi umani che dobbiamo iniziare a porgerci delle domande, che le nostre azioni sono la causa dei nostri problemi.
E continuare a mettere la testa sotto la sabbia, non fa bene a nessuno.
Se è vero come è vero che Questi mercati sono pericolosi perché qui il salto di malattie da animali e uomo è assai probabile, noi tutti dobbiamo completamente rivedere la nostra dieta e ridurre il consumo di carne.
Continuare sul modello attuale significa incrementare le probabilità di un imminente collasso ecologico.
Non dobbiamo fare l’errore di pensare che i colpevoli sono solamente gli asiatici, il nostro consumo eccessivo di carne provoca infatti deforestazione e inquinamento di fiumi e mari, altri due fattori che facilitano il diffondersi di malattie.
Chiudiamo i wet market
Oggi l’Onu sta finalmente muovendo i primi passi chiedendo la chiusura immediata dei mercati dove sono presenti specie selvatiche
La responsabile della biodiversità delle Nazioni Unite si è espressa in favore del bando mondiale dei wet market; in soli 5 giorni di campagna oltre 200 mila persone in tutto il mondo hanno firmato la petizione.
«Gli scienziati stimano che più di 6 su 10 malattie infettive conosciute dagli esseri umani sono state diffuse dal contatto con gli animali, e 3 su 4 delle nuove o emergenti malattie infettive provengono dagli animali» .
Cosa possiamo fare noi italiani che non mangiamo specie selvatiche come il pangolino e i pipistrelli?
Possiamo sentirci assolti a formula piena?
Non affatto.
Spesso ci dimentichiamo che come consumatori abbiamo un gran potere, specialmente se agiamo in maniera consapevole ed unita.
Se è pura utopia chiedere al mondo intero di diventare vegano al 100%, quello che possiamo fare è metterci una mano sulla coscienza ed iniziare seriamente, a ridurre il consumo di carne nella nostra dieta.
Anche un solo giorno a settimana senza proteine animali porterebbe benefici importanti alla riduzione di emissione di gas serra e consumo del terreno per gli allevamenti.
Dobbiamo prediligere i prodotti a chilometro zero, evitare prodotti esotici e scegliere verdura di stagione.
Un’alimentazione sostenibile è possibile se ci impegniamo a migliorare noi stessi e le nostre abitudini.
Famosa è l’iniziativa del Lunedì vegano, il primo giorno della settimana senza carne a cui ti invito a partecipare senza timore.
Tutti insieme possiamo cambiare il mondo, ma dobbiamo essere in tanti.
In Italia parlare di abitudini alimentari è difficile e complicato, come sempre sui grandi temi ci si divide in tifoserie e alla fine a rimetterci sono sempre i più deboli.
E’ giunto il momento di superare il tifo da stadio, di attaccarci uno contro l’altro, basta insulti tra carnivori e vegani e fare finalmente quel salto evolutivo così necessario per la salute del nostro pianeta.
Tra i due estremi della corda, l’equilibrio sta nel centro ed è l’unica via percorribile.